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Focus

Trasporto container

Un mercato che fa acqua da tutte le parti

di Redazione Port News

AAA stabilità cercasi. I vettori attivi nel trasporto marittimo di container viaggiano da tempo su una nave che sta facendo acqua da tutte le parti ma per quanto provino a tappare le falle, sono sempre a rischio affondamento.

Gli ultimi dati pubblicati da Container Trade Statistics e riferiti al mese di Novembre mostrano come la domanda di TEU in rapporto alle miglia percorsa sia cresciuta del 16% su base annua. L’incremento elevato va però messo in rapporto con le performance molto scarse dell’anno precedente. Rispetto al 2019, infatti, la domanda TEU/miglia è aumentata di appena il 7,3%, con una crescita media annua che è stata quindi pari all’1,8%. Troppo poco se pensiamo a quanto nel frattempo sia aumentata la capacità di stiva immessa in acqua a causa dell’elevato numero delle consegne di nuove unità.

I vettori stanno massicciamente facendo ricorso ai blank sailing per sanare la situazione ma gli escamotage adottati sinora per bilanciare domanda e offerta non sono serviti a granché.

Non è un caso che nel terzo trimestre dell’anno i carrier abbiano fatto registrare un utile netto complessivo di 2,6 miliardi di dollari, in calo del 95,6% in rispetto a quanto totalizzato nello stesso periodo dell’anno precedente, quando erano state incamerate entrate per un totale di 59,6 miliardi di dollari. Come riportato dal fondatore di Blue Alpha Capital, John D. McCown, si tratta del quinto downturn trimestrale consecutivo per la container shipping industry.

Degli 11 maggiori vettori marittimi, ZIM è quello che ha riportato i peggiori risultati finanziari, archiviando il periodo con una perdita di oltre 200 milioni di dollari. Nell 3° trimestre del 2022 la compagnia aveva invece fatto registrare un utile netto di 1,1 miliardi di dollari. HMM ha del pari chiuso il trimestre con una perdita, di 31 milioni di dollari, mentre tutti gli altri vettori hanno riportato margini di guadagno più o meno modesti: dai 46 mln di dollari di Yang Ming (che nello stesso periodo dell’anno scorso aveva riportato un net income di 1,5 miliardi di dollari) agli oltre 600 mln di dollari di COSCO, che invece aveva chiuso il terzo Q3 del 2022 con un utile netto di 4,5 miliardi di dollari. Quanto a Maersk e CMA CGM, tra luglio e settembre hanno riportato utili rispettivamente di 229 e 388 milioni di dollari.

“A meno che non ci siano cambiamenti drastici, è chiaro che tutti i carrier riporteranno una perdita nel quarto trimestre del 2023” afferma sul Baltic Exchange il ceo di Vespucci Maritime, Lars Jensen.

Secondo il periodico specializzato The Loadstar è molto probabile che un numero sempre maggiore di compagnie di navigazione arriverà a pianificare un aumento generale delle tariffe FAK lungo le principali rotte commerciali, nel tentativo di riportare in positivo i viaggi e iniziare il 2024 con una solida base finanziaria. The Loadstar prende a titolo di esempio Hapag Lloyd. Che sulla rotta Asia-Europa ha annunciato a partire dal primo gennaio un aumento tariffario della tariffa FAK a 3000 dollari per ogni container da quaranta piedi trasportato.

Per le spedizioni da e per il Mediterraneo occidentale la nuova tariffa comunicata dal vettore tedesco per l’anno nuovo sarà pari a 3200 dollari a FEU, 200 dollari in più rispetto agli aggiornamenti tariffari comunicati da CMA CGM, che al pari di Hapag Lloyd ha programmato aumenti FAK molto simili.

Gli sforzi profusi dai vettori su questo trade e, soprattutto, i general rate increases (GRIs) adottati il mese scorso sembrano aver dato qualche piccolo risultato, tanto che nell’ultima settimana le tariffe del World Container Index di Drewry sul trade Asia-Nord Europa e sull’Asia-Med hanno entrambe fatto registrare un aumento del 15% su base settimanale, rispettivamente a 1343 e a 1608 dollari a FEU. Si tratta tuttavia di aumenti percentuali che riportato i valori di mercato a quelli di metà settembre.

La situazione rimane insomma fiacca. Per altro, come certifica Drewry, l’affidabilità (in termini di puntualità) delle navi portacontainer è rimasta sostanzialmente invariata ad Ottobre. Complessivamente, il 64,4% delle navi è arrivato puntualmente a destinazione nel mese analizzato, con un incremento che su base annuale è stato del 12,6%. “Queste continue scarse prestazioni dovrebbero, in una certa misura, essere viste come il risultato dei bassi tassi di nolo” afferma Jensen, che aggiunge. “Gli scarsi margini di guadagno stanno disincentivando i vettori dallo spendere carburante extra per migliorare la puntualità delle proprie navi”.

Non solo: “dato il crescente divario tra domanda e offerta globale dovuto alla consegna di un ampio portafoglio ordini, si prevede che a un certo punto i vettori inizieranno a fermare del tutto le navi, chiudendo interi servizi”.  Secondo l’esperto analista di mercato ciò accadrà probabilmente a partire dalla fine del primo trimestre del 2024, subito dopo il Capodanno cinese.

Ad aggiungere ulteriore stabilità a una situazione già incandescente, i surcharge annunciati dalle compagnie di navigazione per far fronte alla tassazione delle emissioni con l’Emission Trading System. Jensen sottolinea come i sovrapprezzi che i vettori intendono applicare rotta per rotta varino per il trade Asia – Europa dai 24 euro a FEU annunciati da Hapag Lloyd ai 70 euro a FEU di Maersk. Chiaramente, il calcolo degli importi per gli Ets Surcharge si sta svolgendo in un clima di profonda incertezza e “per i vettori sarà estremamente difficile aggiornare al rialzo questi supplementi, soprattutto in una situazione di mercato depressa nella quale i perduranti problemi di sovraccapacità continuano ad affossare le tariffe di trasporto”.

Da parte loro gli spedizionieri e i caricatori stanno assumendo un atteggiamento diverso rispetto a quello degli ultimi anni. Se durante il periodo pandemico l’obiettivo era quello di avere, a qualsiasi costo, la garanzia di un trasporto e di una catena di approvigionamento efficienti, oggi il fattore “prezzo” è tornato ad essere determinante nelle contrattazioni con i singoli carrier.

Secondo Jensen, questo sentimento andrà ad impattare anche sulla disponibilità degli shipper a pagare un extra per la decarbonizzazione: “Per quanto i vettori possano concentrarsi sulla riduzione delle proprie emissioni di carbonio, è chiaro che solo una piccolissima parte dei caricatori è disposta a spendere risorse aggiuntive per tali miglioramenti” afferma ancora Jensen.

Come già fatto presente da DHL, in questo mese gli spedizionieri stanno peraltro avendo non poche difficoltà a prenotare gli slot diponibili a bordo delle navi. Una chiara conseguenza della decisione dei vettori di ridurre drasticamente l’offerta disponibile attraverso i blank sailing.

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