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Focus

Come cambia la mappa delle supply chain

Dazi e shipping, il nuovo mondo di Trump

di Redazione

A pochi giorni dall’inizio della nuova trade war, l’incertezza economica permane e il quadro complessivo dei rischi è decisamente elevato ed eterogeneo.

Lo scorso 2 aprile Donald Trump ha festeggiato il suo liberation day con una pioggia di dazi nei confronti di una lunga lista di Paesi.

Il presidente americano giura di aver liberato l’America dallo sfruttamento commerciale che gli USA subivano da decenni. L’obiettivo dichiarato è dare un nuovo input alla manifattura statunitense e riportare la produzione in America. Ma a quale prezzo?

Gli analisti che operano nel settore dello shipping guardano con un misto di preoccupazione e cautela al futuro, delineando nel breve periodo un quadro contraddistinto da un incremento generalizzato dei livelli di rischio.

Lo scenario globale è stato profondamento segnato dallo shock prodotto dalla nuova politica daziaria. Ieri si è chiusa un’altra giornata di forti ribassi nei mercati asiatici. Cosco Shipping Holdings, tanto per fare un esempio, ha visto le sue azioni crollare di quasi il 15% a Hong Kong e del 10% a Shanghai. Le azioni di China Merchants Energy Shipping sono scese di quasi il 10%. In calo anche, rispettivamente del 4,7 e del 13,6%, le azioni delle compagnie di navigazione sud-coreane HMM e Pan Ocean, mentre le nipponiche HYK Line e Mitsui Osk Lines hanno perso entrambe il 6% nella borsa di Tokyo.

“Il fatto è che è impossibile minimizzare l’importanza delle tariffe imposte dal Presidente Trump perché sono di una portata mai vista prima, sia in termini geografici che di gravità finanziaria” afferma il ceo di Xeneta, Peter Sand.

Secondo l’esperto analista sarà fondamentale monitorare le attuali rotte commerciali e comprendere dove si stia dirigendo il mercato.

I dati di Clarksons Research mostrano come i volumi della merce sottoposta a dazi siano complessivamente aumentati del 3,7% a livello annuale, raggiungendo quota 460 milioni di tonnellate su un totale di 12,6 miliardi di di tonnellate.

Ad essere maggiormente esposto agli impatti negativi della nuova trade war risulta essere il commercio delle automobili, il cui 26% dei volumi trasportati via mare è oggi soggetto a tariffe. A rischio anche i container: l’11% dei volumi globali spediti via mare è oggi soggetto a dazi.

La società di consulenza SWS Research ipotizza una crisi in tre fasi, con una ripresa a V dell’economia.

Nell’immediato – è questo lo scenario ipotizzato dalla consultancy firm con sede a Shanghai – l’applicazione dei nuovi dazi potrebbe avere come conseguenza diretta quella di favorire una contrazione dei traffici a livello globale.

E’ assai probabile, infatti, che gli importatori statunitensi valutino la possibilità di annullare o rinviare gli ordini a causa della situazione di incertezza.

“Abbondano le voci sull’identità dei Paesi che vogliono negoziare con gli Stati Uniti. Il problema è che ci sono poche informazioni solide per accertare l’eventuale solidità e concretezza dei negoziati in corso” afferma il ceo di Vespucci Maritime, Lars Jensen, sottolineando come gli importatori statunitensi abbiano cautamente deciso si adottare un atteggiamento attendista: “Non vogliono rischiare di ordinare la merce a prezzi maggiorati, preferiscono annullare gli ordini e aspettare”.

La riduzione della domanda porterà inevitabilmente al calo delle tariffe spot nei trade con gli Stati Uniti, costringendo i liner attivi nel trasporto di marittimo di container a cancellare i viaggi (blank sailing) col proposito di limitare la capacità di stiva. Diventerà insomma più difficile per i rivenditori reperire la merce, si svuoteranno gli scaffali dei supermercati mentre ci sarà da parte dei consumatori una corsa all’accumulo di scorte.

Sarà in questo momento che inizierà la seconda fase della crisi: secondo SWS Research, la pressione interna spingerà gli Stati Uniti ad ammorbidire la propria posizione e a raggiungere accordi con molti partner commerciali, in particolare quelli nel sud-est asiatico, per abbassare le tariffe daziarie. Anche le valutazioni azionarie inizieranno a riprendersi.

La terza fase, quella della ripresa, inizierà una volta raggiunti questi accordi. I differenziali competitivi tra i i vari Paesi ridefiniranno completamente la mappa della supply chain globale, favorendo il trasferimento di alcune fasi della catena di fornitura verso quegli Stati che saranno riusciti a sopravvivere alla scure daziaria (come il Brasile, ad esempio, che è stato colpito dal 10% di extra tasse) o che avranno avuto la possibilità di abbattere le tariffe durante i negoziati.

La mappa della catena logistica diventerà ancora più complessa e molte aziende, anche cinesi, andranno ad investire proprio in questi paesi per bypassare i vincoli e le restrizioni imposte da Trump, con l’obiettivo di esportare negli Stati Uniti.

Cambieranno di conseguenza i flussi di traffico. “I caricatori e gli spedizionieri inizieranno a cercare le rotte più favorevoli verso gli Stati Uniti, abbandonando quelle praticate sino ad oggi” afferma Peter Sand.

“Ulteriori cambiamenti nelle rotte commerciali e colli di bottiglia logistici dovuti a spostamenti della catena di fornitura daranno un altro colpo all’efficienza del trasporto di container, aumentando così enormemente le tariffe” sottolinea ancora SWS Research.

Potrebbero in parte riprodursi le stesse dinamiche registrate con la crisi pandemia. Il rapido aumento della domanda di importazioni dopo mesi pieni di blank sailing e il potenziamento della capacità di stiva soltanto sulle rotte ritenute più redditizie, creerà nuovi colli di bottiglia e problemi di congestione, favorendo l’aumento delle tariffe di trasporto.

Per l’industria dello shipping potrebbe iniziare insomma un nuovo ciclo rialzista. Ne è convinto Sand: “I professionisti della supply chain hanno dimostrato la loro determinazione più e più volte, sia durante la pandemia di Covid-19 che durante la crisi del Mar Rosso. Il mercato riuscirà anche questa volta a trovare il modo per superare qualsiasi ostacolo. Lo fa sempre”.

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