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Previsioni e trend di mercato

Dry bulk, la crescita non è più così solida

di Redazione

Dry bulk. Il mercato tiene ma aumenta la preoccupazione per l’andamento dell’economia cinese, considerata il principale motore della domanda di materie prime.

A lanciare l’allarme è la consultancy firm Breakewave Advisors, in un report nel quale sottolinea come nel medio periodo l’andamento del trasporto marittimo di rinfuse solide appaia condizionato da elementi di incertezza correlati all’evoluzione dello scenario geopolitico complessivo e allo stato di salute del Paese della Grande Muraglia”

“Il settore sta continuando a godere di buona salute soprattutto per via della scarsità di tonnellaggio disponibile ma è indubbio che la debolezza congiunturale di Pechino andrà ad incidere sul sentiment di mercato” affermano gli analisti.

BIMCO stima che la flotta di navi rinfusiere aumenterà soltanto del 2,7% nel 2024 e dell’1,9% nel 2025. L’offerta di stiva potrebbe però assestarsi su livelli addirittura inferiori, compresi tra l’1 e il 2% in entrambi gli anni, se le compagnie di navigazione dovessero mantenere bassa la velocità di crociera (slow steaming), che nel 2024 dovrebbe ridursi di un ulteriore 0,5%.

L’orderbook ammonta complessivamente a 86,8 milioni di tonnellate di portata lorda, e rappresenta l’8,7% della flotta attuale. L’incremento su base annuale del 4,1% è sostenuto nella sostanza dall’impennata dei nuovi ordini effettuati nel 2023 (+12% anno su anno), di cui è prevista la consegna di una prima metà dal 2026 in poi. Nel 2024 e 2025 verranno consegnate nuove unità per un totale di rispettivamente 33,9 e 28,7 milioni di tonnellate.

Questi fattori permettono oggi alle compagnie di navigazione di bilanciare il calo della domanda congiunturale e di ignorare quello che sta accadendo in Cina, tanto da spingere Breakewave Advisors a parlare di un sostanziale disaccoppiamento tra la crescita del settore e l’andamento dell’economia reale.

Gli analisti spiegano come la crisi dell’edilizia in Cina stia chiaramente avendo un effetto a cascata sull’offerta di materie critiche, come il minerale di ferro, i cui prezzi sono scesi per la prima volta al di sotto della soglia psicologica dei 100 dollari a tonnellata. La debolezza congiunturale della domanda sta spingendo i fornitori di acciaio ad acquistare un minore quantitativo di carbone da coke e iron ore, le cui scorte si stanno infatti gradualmente ricostituendo.

Lloyd’s List segnala come le importazioni cinesi di carbone via mare siano diminuite drasticamente nelle ultime due settimane, scendendo sotto i 5 milioni di tonnellate a settimana,  con un calo di oltre il 60% su base annua.

“Le scorte di minerale di ferro sono state rapidamente ricostruite rispetto ai minimi di sette anni di ottobre e sono ora al di sopra della media quinquennale. Allo stesso tempo, i prezzi spot sono scesi di oltre il 30% rispetto ai massimi recenti. La produzione di acciaio in Cina è nella migliore delle ipotesi piatta” affermano gli esperti di Breakwave Ad.

E’ chiaro che le deboli esportazioni di acciaio, la stagnazione della domanda interna e le elevate scorte potrebbero pesare sulle importazioni di minerale di ferro nel prossimo futuro.

“Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da una maggiore incertezza geopolitica. In futuro, prevediamo che tali eventi continueranno a influenzare il commercio globale e ad avere un impatto significativo sull’effettiva fornitura di navi” rimarcano quelli Breakwave, aggiungendo di aspettarsi una maggiore volatilità per il prossimo futuro.

Di fatto, qualche scricchiolio si comincia già a sentire adesso. Non è un caso che venerdì scorso il principale indice del trasporto marittimo di merci secche, quello del Baltic Exchange, abbia fatto registrare il primo calo percentuale dopo sei settimane di incrementi consecutivi. L’indice complessivo, che tiene conto delle tariffe per le navi Capesize, Panamax e Supramax, è sceso del 2% rispetto su base settimanale, a 2196 punti. E pensare che soltanto la settimana precedente aveva toccato il livello più alto da metà dicembre scorso.

I noli giornalieri medi per Capesize, che in media trasportano carichi da 150 mila tonnellate come minerale di ferro e carbone, sono scesi di 877 dollari a 28.875 dollari. L’indice Panamax  ha perso 39 punti, ovvero circa l’1,8%, a 2.165 punti. I noli giornalieri medi per le Panamax,che di solito trasportano carichi di carbone o grano tra 60 mila e 70 mila tonnellate, sono diminuiti di 315 dollari, a 19.483 dollari.

Insomma, sembra che il settore stia cominciando a scendere la china anche se i fondamentali rimangono solidi. Lo si evince soprattutto da valori a cui sono vendute oggi le newbuilding. Sulla base dei dati forniti da Banchero Costa, oggi ci vogliono 64,7 mln di dollari per far costruire una nuova nave capesize in un cantiere cinese, l’1,3% in più rispetto ai valori di gennaio scorso e l’8,2% in più su base annuale.

Nel mercato dell’usato, una Capesize con cinque anni di vita alle spalle si vende a 61,5 mln di dollari, ovvero al 21% in più rispetto al prezzo a cui si vendeva un anno fa. Prezzi in aumento anche per le navi più vecchie. Quelle con oltre vent’anni di vita sulle spalle sono state vendute a 19,35 milioni di dollari, il 39,6% in più rispetto ai valori di gennaio.

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