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Focus

Allarme dell'UNCTAD

Il commercio marittimo nuota in acque incerte

di Redazione

E’ dalla chiusura del Canale di Suez, nel 1967, che lo shipping non affrontava shock di pari intensità. Navi che fino a qualche anno fa attraversavano il Mar Rosso in pochi giorni, sono ora costrette a navigare più a lungo per circumnavigare la rotta del Capo di Buona Speranza. Il canale di Suez opera ormai da tempo al di sotto della sua normale capacità, con i livelli medi di transito del 70% inferiori rispetto a quelli del 2023. Le tariffe di trasporto, relativamente stabili per anni, sono diventate estremamente volatili e le catene di approvvigionamento si sono rivelate fragili. Come se non bastasse, gli sviluppi attorno allo Stretto di Hormuz – una via di transito fondamentale per il 34% delle esportazioni mondiali via mare – hanno acceso i riflettori sul tema della sicurezza marittima. Anche l’interruzione delle operazioni portuali è diventata cronica, non più episodica com’era un tempo.

E’ una storia di stravolgimenti, economici e politici, quella raccontata dall’UNCTAD nell’edizione annuale della propria Review of Maritime Transport. Il report sottolinea, in estrema sintesi, come il commercio marittimo globale continui a navigare, anche nel 2025, in un contesto caratterizzato da volatilità, flussi deviati e incertezza.

Le persistenti tensioni geopolitiche e i cambiamenti nelle politiche commerciali “stanno già rimodellando i modelli del commercio marittimo” affermano gli analisti della Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo, che ricordano come nel 2024 i flussi di traffico siano aumentati soltanto del 2,2% rispetto all’anno precedente, ad un ritmo decisamente inferiore rispetto a quello registrato in media negli ultimi vent’anni, dal 2003 al 2023.

Le prospettive per il 2025 suggeriscono una crescita ancora più modesta o addirittura una stagnazione sia nei volumi complessivi che nelle tonnellate-miglia. Secondo le proiezioni dell’UNCTAD, si prevede infatti che il volume del commercio marittimo aumenterà dello 0,5%, mentre il commercio containerizzato crescerà dell’1,4%.

La previsione è che il commercio marittimo totale cresca tra il 2026 e il 2030 a un tasso medio annuo del 2% (del 2,3% quello containerizzato).

La persistente incertezza macroeconomica, la debolezza della domanda globale e le continue interruzioni lungo le principali rotte di navigazione stanno chiaramente avendo ricadute importanti sul settore.

Per l’UNCTAD è un fatto significativo che il commercio marittimo percorra ora distanze significativamente più lunghe rispetto al passato. Nel 2024 il commercio marittimo in tonnellate-miglia è aumentato del 5,9% rispetto al 2023, raggiungendo quota 66,7 miliardi di ton/miles.

“La distanza non è più una questione geografica; è geoeconomia” afferma la segretaria generale dell’UNCTAD, Rebecca Grynspan, che nel suo intervento introduttivo al report non ha mancato di sottolineare come le deviazioni da Suez e i problemi contingenti di transito da Panama abbiano avuto un ruolo determinante nell’allungamento delle distanze di viaggio. Un effetto che è stato aggravato dalla forte domanda di trasporto da parte delle principali regioni importatrici, come l’Asia.

Per i relatori dello studio, le rotte marittime più lunghe hanno di fatto aumentato i tempi di navigazione e, con essi, anche i costi, con un peggioramento dell’affidabilità delle schedule programmate e un aumento delle emissioni di Co2.

Secondo lo studio l’incremento delle tonnellate trasportate in rapporto alle miglia percorse non è però il segno di una robusta espansione commerciale, ma indica la crescente fragilità e inefficienza delle catene di approvvigionamento globali.

L’organo sussidiario permanente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite prevede che i volumi in base alla distanza percorse aumenteranno leggermente nel 2025, dello 0,3% su base annuale. “La capacità della flotta sta superando la domanda in segmenti chiave, come container e navi cisterna, mentre le condizioni macroeconomiche rimangono deboli. Di conseguenza, si prevede che la crescita delle tonnellate-miglia rallenterà nella maggior parte dei segmenti del trasporto marittimo” scrivono i redattori del report, secondo i quali l’overcapacity potrebbe continuare a rappresentare un problema per un settore per il quale si stima una crescita della domanda meno marcata rispetto al tasso con cui aumenterà l’offerta di stiva.

Al 1° gennaio 2025, la flotta globale comprendeva circa 112.500 navi commerciali, ciascuna di almeno 100 tonnellate lorde. La capacità della flotta globale in tonnellate di portata lorda è cresciuta del 3,4%, con un tasso di espansione in linea con quello del 2023 ma inferiore alla media annua del 5,1% degli ultimi due decenni. La capacità globale ha raggiunto circa 2,44 miliardi di tonnellate di portata lorda.

L’espansione della capacità è rimasta disomogenea, con un balzo del 9,7% per le navi portacontainer e del 7% per le navi gasiere.  La capacità delle navi portarinfuse è aumentata di un moderato 3%, mentre le navi da carico generale e le petroliere hanno visto una crescita della capacità rispettivamente dell’1,9% e dello 0,7%.

Ad aprile 2025, la flotta globale di navi portacontainer era composta da 6.033 navi, in aumento del 7,3% rispetto ad aprile 2024 e di oltre il 23,1% rispetto ad aprile 2019. La capacità totale ha raggiunto i 30,3 milioni di TEU, con un aumento rispettivamente del 10,1% e del 42,9% rispetto agli stessi periodi.

Il tonnellaggio di navi di nuova costruzione ordinato nel 2024 è aumentato di oltre il 50% rispetto al 2023, mentre il portafoglio ordini globale è aumentato del 10,2%. Se all’inizio del 2024 l’orderbook in proporzione alla flotta attiva aveva raggiunto un ratio del 12,3% contro l’11,1% del 2023, nel 2024 questo rapporto è aumentato al 15%.

Cresce quindi la flotta globale ma i livelli di riciclaggio e rottamazione delle navi rimangono bassi. Nel 2024 sono state smantellate 6,3 milioni di tonnellate, pari allo 0,25% della flotta attiva.

Se è vero che negli ultimi anni le crescenti interruzioni nelle rotte marittime hanno contribuito ad assorbire la capacità in eccesso, le previsioni di un indebolimento della domanda in un mercato caratterizzato da un eccesso di offerta non faranno che innescare nuovi squilibri di mercato.

Allo stesso tempo, l’UNCTAD fotografa i nuovi fattori di rischio derivanti dalla guerra commerciale avviata dall’amministrazione Trump 2.0 e dall’imminente applicazione delle misure di contrasto al dominio della cantieristica cinese messe a punto dall’USTR ad aprile del 2025, misure che secondo una stima preliminare di Clarksons Research andranno a interessare il 7% degli scali nei porti USA effettuati dalle portacontainer impiegate lungo le rotte est/ovest.

“I vettori cercheranno di ridurre l’esposizione alle nuove misure attraverso diverse strategie di risposta” scrivono gli analisti della Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo. “Quelli che hanno nella propria flotta poche navi costruite in Cina cercheranno di riconfigurare i propri network nell’ambito delle alleanze in cui operano” aggiungono, spiegando che in “molti cercheranno di spostare le navi associate alla Cina dai traffici provenienti o diretti verso gli States”, ma facendo anche presente che “queste misure potrebbero stimolare i traffici regionali a corto raggio, incrementando i collegamenti diretti e facilitando l’impiego di navi più piccole”.

La persistente incertezza delle politiche commerciali rimane per lo studio un rischio chiave, insieme alla debole attività industriale nelle principali economie e alla debole domanda cinese di materie prime alla rinfusa.

Nel frattempo, altri cambiamenti più profondi stanno rimodellando il settore.

“Il Netzero Framework dell’Organizzazione Marittima Internazionale, la cui adozione è prevista nell’ottobre 2025, potrebbe ulteriormente modificare il modo in cui le navi vengono costruite, alimentate e gestite” fa osservare la Grynspan, ricordando come  le navi a combustibili alternativi rappresentino ora oltre la metà del tonnellaggio navale dei nuovi ordini.

Anche i processi di automazione e di digitalizzazione stanno imponendo nuovi paradigmi in termini di efficienza operativa. I porti smart smistano i container in pochi minuti, non in ore, e i sistemi di intelligenza artificiale riescono a prevedere i problemi di congestione prima che si verifichino. Non solo, le navi autonome stanno iniziando a passare dall’ideazione alla fase prototipale.

“Stiamo costruendo lo shipping del futuro ma è fondamentale che tutte le attuali transizioni – quelle verso il Net- Zero, verso la digitalizzazione e la definizione di nuove rotte commerciali – siano giuste” dichiara ancora la segretaria generale dell’UNCTAD, per la quale diventerà fondamentale responsabilizzare gli attori del trasporto marittimo e indurli a tenere comportamenti coerenti con i doveri previsti dai propri ruoli e compiti.

“Queste transizioni dovranno costruire una nuova resilienza, non accrescere la vulnerabilità” è l’opinione del vertice dell’UNCTAD. “Occorre che si riconosca che il trasporto marittimo non è fatto soltanto di navi e merci ma di 1,9 milioni di marittimi, la maggior parte dei quali proviene da paesi in via di sviluppo e le cui competenze necessitano di essere aggiornate, i cui diritti necessitano di protezione, il cui contributo merita riconoscimento”.

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