Ormai è chiaro a tutti come i dazi imposti dagli USA, oggi a rischio di illegalità, rappresentino per Trump non soltanto uno strumento economico ma un’arma negoziale attraverso la quale ribaltare decenni di consuetudini multilaterali.
Anche il mercato del trasporto marittimo sta cercando di adeguarsi al nuovo disordine mondiale, adattandosi ad una situazione altamente volatile in cui le dinamiche commerciali vengono ridefinite di volta in volta secondo logiche di vantaggio tattico immediato.
I continui stop and go sui dazi reciproci nei confronti della Cina, con i nuovi giri di tavolo e le improvvise marce indietro, hanno finito con il riorientare in questi mesi le traiettorie del commercio marittimo tra il Far East e il Nord America.
A segnalarlo è MDS Transmodal, che riporta la tendenza crescente dei liner a prendere strade sempre più lunghe per raggiungere i ricchi mercati nord americani.
“All’ombra dell’incertezza tariffaria e della crescita strutturale della flotta, l’industria dei container sta ridisegnando la mappa della connettività statunitense, dando priorità alla resilienza e alla copertura dei servizi rispetto all’efficienza sulle brevi distanze” dichiara a Port News la senior transport consultant della società di analisi, Antonella Teodoro.
“La verità è che in questi mesi la capacità di trasporto container programmata sulle rotte nordamericane non è diminuita, bensì aumentata” aggiunge l’esperta analista, sottolineando come tra settembre 2024 e settembre 2025 la capacity schedulata in questi trade sia aumentata di poco meno il 3%, superando i 5 mln di TEU al mese.
L’analisi sulla distribuzione del tonnellaggio lungo i singoli servizi di collegamento regala però delle soprese. A crescere non è stata infatti la capacità immessa nei servizi diretti tra l’Estremo Oriente e il Nord America, che, anzi, è diminuita dell’8,6% su base annua, ma quella dispiegata lungo le rotte che collegano il continente americano all’Europa (+7%), ai Paesi del Golfo e al subcontinente indiano (+70%).
Secondo MDS Transmodal lo stato di cose attuali è un riflesso della situazione geopolitica, caratterizzata dalla minaccia dei nuovi dazi statunitensi sulle esportazioni cinesi e dalla necessità degli operatori di impiegare un numero maggiore di navi su rotte più lunghe e ad alta intensità di servizio.
“L’effetto non è una contrazione della capacità complessiva tra Estremo Oriente e Stati Uniti, ma piuttosto una sua riconfigurazione: ciò che un tempo si muoveva direttamente attraverso il Pacifico viene sempre più indirizzato attraverso regioni intermedie” è il commento di Antonella Teodoro, secondo la quale le strategie dei vettori evidenziano questo cambiamento.
MSC ha ad esempio ridotto la propria esposizione transpacifica diretta, mentre ha aumentato la sua distribuzione complessiva in Nord America di quasi 90.000 TEU, in gran parte attraverso l’espansione dei servizi che collegano Europa, Golfo e Americhe.
HMM ha aggiunto oltre 70.000 TEU, supportata da nuove linee al di fuori del core transpacifico, mentre Evergreen e ONE hanno anche rafforzato le loro posizioni su rotte diversificate.
Al contrario, Yang Ming ha ridotto la capacità transpacifica di quasi il 70%, senza compensare la crescita altrove.
Maersk è invece cresciuta notevolmente sui servizi tra Estremo Oriente e Stati Uniti, ma ha ridimensionato altri corridoi, chiudendo complessivamente in leggero calo. CMA CGM, nel frattempo, ha ridotto gli slot transpacifici di un terzo, compensandoli in parte con la crescita in altri mercati.
Dall’analisi fornita dalla consultancy firm britannica emerge anche un altro elemento critico: la capacità della flotta delle portacontainer sta crescendo ad un ritmo molto maggiore rispetto agli attuali livelli di impiego nei vari trade. Rispetto alle attuali esigenze di mercato c’è oggi un’eccedenza di 6,5 mln di TEU (il 19,9% su un totale di 32.86.875 di TEU di capacità complessiva).
“Per impiegare questo tonnellaggio, i vettori si stanno orientando verso rotte più lunghe, che richiedono un maggior numero di navi per mantenere la richiesta frequenza settimanale” fa ancora presente Antonella Teodoro, ricordando come la crisi del Mar Rosso stia aiutando oggi i carrier ad assorbire una quota importante di questa capacità eccedente, per via dell’allungamento dei viaggi, che sono stati dirottati attorno al Capo di Buona Speranza per evitare il passaggio poco sicuro dallo Stretto di Bab el Mandeb e da Suez.
“In questo contesto, la ridistribuzione del tonnellaggio è tanto una questione di necessità operativa quanto di copertura tariffaria” commenta la senior analyst di MDS Transmodal. “Diversificando le rotte e spostando la capacità in Europa, India e Golfo, i vettori si posizionano sia per assorbire il tonnellaggio di nuova costruzione sia per proteggersi da potenziali shock di politica commerciale” aggiunge, sottolineando che “quelli con reti di hub flessibili sono in una posizione migliore per catturare la domanda dirottata, mentre gli operatori fortemente legati ai traffici transpacifici diretti sono esposti alle fragilità della situazione geopolitica”.
In conclusione. Gli importatori statunitensi non devono temere alcuna riduzione della capacità lungo i servizi di collegamento con l’Estremo Oriente. Il commercio sta semplicemente prendendo strade sempre più lunghe per raggiungere i mercati di destinazione.